Cediflor

XV° Congreso Internacional de Terapeutas Florales

La huella del abandono y la carencia de amor. La clínica y el arte de curar entre la emoción y el cuerpo

Cuernavaca (Messico) - 25 e 26 ottobre 2008
Ponente: Angela Cavalcanti (Presidente Cediflor- Italia)

"Diksha ed Essenze Floreali"

Cari colleghi e amici,
desidero innanzitutto ringraziare Eduardo Grecco e tutta l’organizzazione del Congresso per l’invito rivoltomi nel partecipare a questo importante Congresso, e aver così avuto l’opportunità di visitare il vostro Paese. È per me un onore essere qua tra voi e portare un’ aria “italiana” in questa sede.
Come intuite dal titolo della Relazione, sono qui per portare la vostra attenzione su un fenomeno che anno dopo anno sta coinvolgendo sempre più ricercatori spirituali, terapeuti, guaritori e scienziati, estremamente diffuso in tutto il mondo ed anche qua in Messico ed in America Latina: la Oneness Blessing - Bendicion de Unidad in spagnolo, conosciuta anche come Diksha, e la sua Energia.
Gli organizzatori del Congresso conoscono il percorso personale da me intrapreso e l’intima connessione che ho percepito tra il fenomeno del Diksha e la professione di Floriterapeuta, così che in questa sede mi soffermerò brevemente su questo fenomeno e sugli straordinari effetti riscontrati nella Terapia con le Essenze Floreali unendo ad esse il Diksha, per illustrarvi nell’esperienza quanto siano connessi ed in linea questi due argomenti.

L’argomento centrale del Congresso, così esteso e profondo, mi fa tornare alla mente una lezione di Anandagiriji, Direttore della Oneness University e discepolo diretto di Amma e Bhagavan, due Maestri spirituali dell’India del sud, che solo dal 2003 hanno aperto questo campo a noi occidentali.

Nell’agosto scorso, accompagnando in India il folto gruppo italiano ad intraprendere il percorso spirituale del Diksha, ho avuto modo di riascoltare e riflettere sulle parole di Anandagiriji in merito a concetti quali amore, sofferenza, separazione dal sé, dolore, ego, potere della mente, paure, condizionamenti.
Oggi ho capito, per esperienza personale, che tutti questi concetti e gli stati d’animo ad essi collegati ruotano su una stessa linea e cioè che il nostro Ego è programmato per la separazione, ed è questa la causa della sofferenza umana. La mia personale esperienza mi fa dire che, attraverso percorsi intellettuali, probabilmente tali connessioni e ragionamenti li avevo appresi e metabolizzati, ma la dirompente consapevolezza di superare questi insegnamenti a livello mentale ed il conseguente salto di qualità nel profondo dell’anima l’ho avuta solo con l’esperienza vissuta in India.

Il processo spirituale e di risveglio interiore nel quale le giovani Guide - dette anche Dasa (cioè i giovani monaci che tengono il Corso Diksha in India, presso la Oneness University) - conducono i partecipanti, passa attraverso molti angoli oscuri della nostra mente, immergendo ognuno di noi nella sofferenza, facendola vivere fino in fondo per arrivare a quella che spesso viene chiamata la “notte oscura dell’anima”.
Alla fine del percorso il nostro rapporto con la mente inizia il suo cambiamento, ed abbiamo l’esperienza dell’anima che diventa testimone di sé stessa.
Quello che cercherò di trasferirvi è la conferma, dopo due anni, di quanto gli insegnamenti ricevuti e ritrasmessi al paziente insieme all’energia del Diksha, abbiano una forza importante e a volte determinante nell’accelerare il potere terapeutico delle Essenze Floreali. Non c’è alcun dubbio sulla perfetta sinergia del Diksha e i Fiori come se questi ultimi scivolassero su una strada ben oleata dal Diksha.

Prima di proseguire voglio descrivere brevemente in cosa consiste e che cosa è il Diksha.
È senza dubbio un’Energia, un’energia intelligente. La si può descrivere come una grazia, una benedizione, un modo di fare esperienza concreta del trascendente, con l’energia divina della Natura, sicuramente una luce guida all’interno che si stabilisce in noi fin dalla prima volta. Il Diksha viene trasferito poggiando le mani sulla testa del ricevente per uno-due minuti; indipendentemente dalle sensazioni che sono sempre soggettive, il Diksha inizia ad agire in modo finalizzato, creando cambiamenti all’interno della struttura neuro-biologica del cervello. Potrà dare stati alterati di coscienza o varie intuizioni, ma ritengo che la cosa unica e straordinaria è la capacità di mettere in moto un cambiamento negli strati più profondi della coscienza e dell’inconscio, modificando automaticamente le nostre più radicate strutture, superando e dissolvendo nel modo più naturale quel concetto del “sé” separato.
Un vero canale che porta alla piena consapevolezza dell’Unità, e quando scompare il sé, riusciamo a vedere la realtà per quella che è e solo allora sperimentare il concetto di illuminazione che non è altro, dice Bhagavan, che vedere e vivere la realtà semplicemente così come è.
Il Diksha modifica i nostri circuiti neurologici, dissolve quel senso illusorio del sé, per questo Bhagavan dice che l’illuminazione è un processo biologico.
Anche io, insieme a tutti coloro che sperimentano il Diksha, mi accorsi che illuminazione non significava uscire dalla mente, ma paradossalmente accettarne completamente la natura, non era vivere esperienze mistiche, ma solo abbandonare noi stessi alla realtà che ci circonda.
Solo quando abbiamo totalmente presente la natura della mente, e vediamo che tutto, pensieri ed emozioni, va e viene senza un ordine, solo allora siamo veri testimoni, non cercando di cambiare la mente, non facendole resistenza. Possiamo così, attraverso questo processo, sperimentare meravigliosamente momenti indescrivibili di pace, silenzio e beatitudine e vivere pienamente il “qui” e “ora”. Tuffandoci in questa realtà, l’unica realmente esistente, ci renderemo conto di quanto tutto sia in movimento e nulla sia permanente.

Il Corso in India, al cui termine si riceve un’iniziazione per diventare Diksha Giver, cioè facilitatori e trasmettitori di questa Energia agli altri, non ha lo scopo di dare nuove informazioni, non trasferisce alcuna dottrina, non è legato alle religioni; è un processo che ci mette in contatto con l’Universo che non è permanente. Noi non siamo mai uguali, siamo continuamente nel cambiamento, noi siamo l’Universo.

Questa veloce esposizione è per introdurvi all’argomento del Congresso e illustrarvi come ogni problematica collegata a depressione, carenza di amore, senso dell’abbandono può trovare un felice soluzione, per molti definitiva, grazie alle Essenze Floreali date al paziente insieme al trasferimento del Diksha. Così operando posso testimoniarvi i reali cambiamenti e successi terapeutici di fronte a queste problematiche.
Quindi vi parlerò di come ho affrontato con il paziente il suo disagio supportata nel colloquio da ciò che ho appreso da questi giovani monaci risvegliati, e mostrarvi le reazioni dello stesso paziente, verso una sua più veloce guarigione spirituale, psichica e fisica.

Anche grazie agli insegnamenti di umanità che ho avuto da molti Maestri qua presenti, uno fra tutti Eduardo Grecco, ho imparato ad entrare in sintonia ed empatia con la sofferenza ed il dolore altrui; non c’è alcun dubbio sulla indispensabilità e priorità di tale attitudine quando vogliamo essere terapeuti. A chi si avvicina alla Floriterapia ricordo sempre che è importante studiare i Fiori e le loro proprietà, ma se non troviamo posto per l’empatia e la compassione, ritengo difficile portare avanti un lavoro serio con il paziente ed ottenere un conseguente risultato terapeutico.

Sono arrivata in India con questa consapevolezza già acquisita, ma l’incontro con qualcosa di eccezionalmente Superiore, e con gli alti livelli di coscienza con cui sono entrata in contatto, mi hanno regalato l’esperienza più grande della mia vita espandendosi nel corpo e nell’anima. E così, trasferendo, grazie ad Amma e Bhagavan, l’energia del Diksha l’esperienza personale può diventare esperienza del paziente e di coloro che vengono a contatto con questa Luce Divina.

La sofferenza che il paziente comunica, e che noi terapeuti ci troviamo a gestire e a cercare di guarire, può essere una sofferenza fisica, psicologica o esistenziale. La prima è una forma di disagio fisico, può derivare da una cattiva alimentazione, da un’infezione, dal possedere poco denaro, o per vivere in un contesto carico di conflitti sociali. Tutto il disagio nei confronti del mondo esteriore è sofferenza fisica; se c’è un problema fisico e questo si dissolve, il problema sparisce, ed anche il malessere diminuisce molto. Quindi è una sofferenza oggettiva.
La sofferenza psicologica è una sofferenza interiore, è il desiderio di amare e di essere amati, di essere riconosciuti. Quando le nostre aspettative non vengono riconosciute o vengono negate proviamo dolore e questa è la sofferenza psicologica.
La terza, ancora più profonda, in realtà non ha cause apparenti, il fatto solo di esistere crea dolore. L’esistenza stessa è sofferenza. Mentre la sofferenza fisica è oggettiva, questa esistenziale ha natura soggetiva.

Nell’indagare insieme al paziente il proprio percorso di sofferenza, ed intuisco che le sue relazioni sono la prima causa che determina tale sofferenza, cerco di soffermarmi abbastanza con lui su di queste.
Infatti ho constatato che l’osservazione delle nostre relazioni porta a percepire quale realtà attorno a noi ci crea sofferenza.
Bhagavan dice che quasi sempre noi stessi creiamo la nostra sofferenza e che questa proviene dal nostro modo incompleto di percepire la vita.

Così nelle relazioni spesso desideriamo cambiare l’altro, il marito, la madre, il figlio, ma poi verifichiamo che loro non cambiano e anche la situazione non cambierà. Considerazioni che ritroviamo perfettamente negli scritti di Bach quando ci ricorda questa modalità di “…imporre i nostri desideri sugli altri…” e quando “…proviamo a forzare il nostro operare sugli altri, o permettiamo loro di interferire con il nostro” creando disarmonia nel nostro essere.
Ecco perché Bach parla di malattia come “risultato di interferenza: interferire con qualcun altro o permettere che gli altri interferiscano con noi”.
Ma - continua Bhagavan - se si conduce il paziente al cambiamento della percezione, la sofferenza può di molto diminuire. Quando non si cerca più di cambiare l’altro e si smette di dare le responsabilità all’esterno, si risparmieranno moltissime energie, in quanto l’unica cosa da fare è focalizzarsi all’interno. E se è vero che la sofferenza la creiamo noi stessi, forse saremo in grado anche di eliminarla; la strada da percorrere è il nostro mondo interiore: il mondo esteriore è una manifestazione del mondo interno e quando quest’ultimo cambia, cambierà anche il mondo esterno, cambierà la nostra percezione della realtà.

Ogni singolo individuo percepisce la propria vita secondo un castello di elementi che hanno dato vita a tale percezione come la nascita, i genitori, i traumi. Quando il paziente sa riconoscerlo, comprende che non è responsabile del proprio tipo di percezione, si potrà staccare facilmente da questa attitudine e, da un differente livello di coscienza, vedrà che non c’è bisogno di cambiare niente e nessuno. Ognuno può rimanere come è, si comincia a vedere la vita da una diversa prospettiva e la sofferenza viene meno.

Queste riflessioni, durante il Corso in India, non avevano lo scopo di farci cambiare la nostra percezione, era l’energia del Diksha come energia trasformatrice che operava in noi; il Diksha ci riconnetteva con la presenza Divina che è sempre dentro di noi, liberandoci dai giudizi, dalle cariche emotive, dal passato e facendo riemergere verità che erano già in noi.

Due anni fa, quando iniziai a dare il Diksha, mi accorsi che molte problematiche relative a relazioni difficili, sofferenze legate a carenza di amore e senso di abbandono si scioglievano più velocemente integrandolo alle Essenze Floreali.
In questa sede non ho il tempo di descrivervi come vari casi clinici si siano dimostrati illuminanti con la presenza del Diksha, mentre vorrei soffermarmi su alcuni Fiori che, più di altri, hanno secondo me interagito fortemente con l’Energia del Diksha e dirvi cosa più di ogni altra mi ha spinto a unire lo strumento del Diksha ai Fiori.

Molti Floriterapeuti lavorano integrando le Essenze Floreali con varie tecniche, alcune solo mentali, altre che lavorano sul corpo per arrivare alla mente.
Io voglio invece dimostrarvi come l’Energia del Diksha sia la “sorella gemella” dell’Essenza Floreale.

Nel percorso spirituale in India ho ritrovato l’essenza del concetto di Bach su Salute e Malattia, cioè l’approccio spirituale della sua terapia, radicato in un sistema di riferimento superiore, che trascende la singolarità dell’individuo.

Ho incredibilmente ritrovato quell’Unità di cui Bach sempre parla, quando la personalità, agendo contro il volere dell’Io Superiore e dell’anima, agisce automaticamente contro l’Unità e così facendo impedisce il processo evolutivo dell’intera umanità.
Dal conflitto fra aspirazione dell’anima e desiderio della personalità nasce uno squilibrio energetico, una disarmonia e alterazione che comincia a manifestarsi a livello mentale e che implica e compromette inizialmente il campo energetico cerebrale. Ciò provoca la malattia dapprima psicologica che, attraverso le emozioni, diventa poi fisica, spesso con quadri psicosomatici.
Bhagavan afferma che la malattia psicologica e i disagi di cui l’individuo soffre si innescano nella identica modalità che avevo studiato descritta da Bach.
L’Essenza Floreale interviene nella disarmonia creatasi e negli stati di squilibrio energetico a livello delle emozioni, il Diksha interviene in modo naturale sulla medesima disarmonia.

Il fenomeno del Diksha, cari colleghi, ha in sé il nucleo spirituale di Edward Bach.
Bach è stato un uomo spirituale e i suoi scritti parlano unicamente del rapporto tra uomo, malattia e Dio e, come afferma Mechtild Scheffer, il sistema Bach può essere definito una guarigione attraverso la riarmonizzazione della coscienza. Esso ripristina, nei circuiti della nostra personalità in cui la nostra energia vitale corre su binari errati o è bloccata, un contatto armonico con la nostra totalità, con la nostra reale fonte di energia. Siamo noi stessi il “principio guaritore universale”, la “forza risanatrice divina”, questa è in noi ed è la stessa a dare il via alla guarigione e a renderla possibile.

Il Diksha è analogamente la “forza risanatrice divina”. Per cambiare una nostra situazione deve accadere qualcosa dentro di noi, nel nostro cervello. Per cambiare il nostro mondo interiore dobbiamo ricontattare il nostro Sé interiore, la parte divina da cui ci siamo allontanati, quello che sempre Edward Bach ci ricorda.
E il Diksha agisce modificando e trasformando il mondo interiore, la percezione del paziente, rompendo gli schemi mentali, dirottando facilmente l’individuo verso l’Unità e il senso di separazione comincia lentamente a scomparire. Il risultato è connessione con tutto quanto ci circonda, è gioia e amore.

Avendo sperimentato personalmente quanto descritto ero assolutamente pronta a far sperimentare il Diksha ai pazienti, ed a verificarne gli eventuali cambiamenti integrandolo ai Fiori.
Si aggiungeva a ciò una miracolosa guarigione avuta appena tornata in Italia. Per oltre 4 anni avevo sofferto di insopportabili dolori in tutto il corpo, diagnosticati come fibromialgia. Nella mia relazione presentata lo scorso anno al Congresso in Spagna ho esposto a lungo il mio caso clinico e in questa sede non mi soffermo, ma immaginate il mio stato d’animo: non avevo più alcun dolore, tutti i sintomi erano spariti improvvisamente.
La mia guarigione si è unita a tanti altri casi e a miglioramenti evidenti nella salute fisica di tanta altra gente , e raccolti dalla Oneness University.

I numerosi miglioramenti nella salute di coloro che ricevono il Diksha sono dovuti al fatto che i disturbi, quando sono causati da pensieri negativi o da traumi, spariscono. “Con il Diksha – dice Bhagavan – molte persone non vanno solo fuori “dalla mente”, ma avviene una trasformazione anche “nella” loro mente. E infatti guariscono. Se possiamo operare una trasformazione nella struttura del pensiero, tale trasformazione si accompagna ad un cambiamento fisico”.
Quando Bhagavan parla di trasformazione del pensiero, intende un cambiamento di consapevolezza.

Aver recepito e sperimentato la vera natura della mente mi ha aiutato molto nell’accellerare la Terapia Floreale.
Una dinamica frequente nei casi di sofferenza nelle relazioni, nei disturbi affettivi e nei casi di abbandono è quella in cui la persona non riesce ad impedire alla propria mente di creare continuamente ragionamenti, pensieri che ruotano attorno al proprio disagio e che si ripetono incessantemente. Ciò crea confusione mentale ed ansia, impedendo qualunque tipo di concentrazione; immagini e pensieri che possono causare disturbi ossessivi-compulsivi che ancor più il paziente non è in grado di controllare.

Uno dei primi passi perché il paziente possa elaborare e prendere consapevolezza del suo vissuto, della sua sofferenza ed entrare pienamente nel dolore è metterlo in condizione che la mente non prenda il sopravvento.
White Chestnut, Crab Apple, Scleranthus sono alcuni dei Fiori , nel sistema di Bach, che possiamo utilizzare a questo scopo.
Nei casi trattati in tal senso la modalità di reazione, integrando il Diksha, è stata più veloce e qualitativamente diversa. Cercherò di spiegarvi le mie sensazioni sulla differenza riscontrata prescrivendo ad esempio White Chestnut insieme al Diksha.
Il risultato che evidenzio è questo: ciò che frequentemente il paziente ci può riferire durante il colloquio è che si sente meglio, più in pace, dorme più profondamente, l’ansia diminuisce e così via.
Con il Diksha, mentre il fiore fa il suo effetto, il paziente percepisce che qualcosa in più si è messo in moto ad un livello molto più profondo. Ad esempio: “… ho la sensazione di sentirmi sganciata dalla mente, …. non sono più nelle mani dei miei pensieri, ….. questi vanno e vengono ed io rimango testimone, …. vivo una sensazione mai provata prima, non cado più nella stessa trappola…”
Il risultato terapeutico è lo stesso ma noto che si aggiunge una maggiore consapevolezza che il paziente trasmette al terapeuta in modo evidente.

Questo è il contributo del Diksha ed è quello che spiegano in India, cioè il fatto che “siamo abituati a pensare sempre alle stesse cose, in modo ripetitivo. Il Diksha rompe questo schema e la gente scopre con sorpresa che la propria ossessione è scomparsa. Il Diksha aiuta a vedere che era solo un’ossessione: non vi era nulla di reale”. Non si tratta di provare a cambiare qualche parte della mente, perché non possiamo: il Diksha ci permette di testimoniare la realtà della nostra mente così come è, con il carico emotivo, le abitudini, la sofferenza, i traumi, i condizionamenti e le maschere che ci siamo costruiti allo scopo di sopravvivere.
Spesso viene chiesto a Bhagavan cosa sia il Risveglio; una volta lui rispose così: “Quando l’impossibilità di cambiare vi folgora, allora sarà il Risveglio” e cambiare cosa? La mente, la realtà di quel momento.
Così arriva il silenzio che non significa assenza di pensieri, ma vuole dire che non litighiamo più con i pensieri e lasciamo che essi fluiscano liberamente.

Illuminante quello che mi disse un paziente: “ho capito che soffro non perché non so da dove vengono tutti i miei pensieri, ma perché mi identifico con questi. Mi viene in mente quello che Anandagiriji ci diceva: “Se c’è dell’acqua inquinata, l’importante è non bere l’acqua, non sapere da dove arriva questa acqua inquinata”.
L’importante quindi è essere risvegliati ad uno stato dove possiamo vedere tutto ciò.

Nella stessa maniera ho notato che il Diksha accellerava il lavoro di Scleranthus: nel momento in cui il Fiore agiva sbloccando quel labirinto mentale e attenuando comportamenti opposti e discontinui, la paziente, settimana dopo settimana, aveva la percezione che il Diksha le aveva dato consapevolezza che la sua sofferenza nell’accettare la fine del rapporto amoroso e nel vivere vagando da un posto all’altro senza una meta era dovuta alla forte carica emotiva.
Con l’aiuto del Diksha una donna aveva percepito che un episodio nella sua infanzia non vissuto completamente la teneva bloccata. Questa comprensione la aiutò molto; grazie al Diksha la carica emotiva si era ridotta e pian piano la sofferenza andava diminuendo.
Questo è quello che fa il Diksha: è come il cellulare, fino a che è carico, la carica emotiva continua. Il Diksha taglia questa carica e ci risveglia ad uno stato più alto di coscienza, ci fa capire che non possiamo cambiare noi stessi ma che dobbiamo accettarci interiormente e completamente.

Ho notato che il Diksha ha accelerato il lavoro dei Fiori anche relativamente ai condizionamenti che hanno una parte di responsabilità nel mantenere il paziente nella sofferenza. I condizionamenti non permettono di sentirci liberi, ma quando, anche grazie al Diksha, la persona diventa consapevole dei suoi condizionamenti, questi non possono più manipolarla.
Una volta una paziente mi disse: “Mi sento a mio agio con la mia incertezza”, ed insieme capimmo che questo significava aver raggiunto un grado altissimo di libertà, perché la libertà non è nella trasformazione del contenuto ma nel viverlo così come è.

Nel libro “Risvegliarsi all’Unità” di Arjuna Ardagh, l’Autore, promotore della Fondazione Living Essence con sede a Nevada City, riporta gli effetti del Diksha sulla salute fisica e psicologica, raccogliendo da tutto il mondo storie di guarigioni, e descrivendo le esperienze più frequentemente riferite dalle persone che ricevono regolarmente il Diksha.
Ad oggi sono milioni coloro che hanno sperimentato questa energia intelligente e il libro consente di scoprire alcune tendenze generali.
Tra queste un senso di pace profonda, di benessere interiore, assenza di conflitti dentro di sé.
Nel rapporto di coppia una maggiore capacità di essere osservatori, di rompere schemi ripetitivi nelle relazioni interpersonali. Proprio quest’ultimo è l’ambito principale nel quale le persone notano dei cambiamenti. Così si ritrovano a modificare fortemente il modo di vivere la coppia, sperimentandolo da un punto di vista totalmente diverso, con più spazio, con senso dell’umorismo.
Specialmente chi ha fatto il corso in India arriva a sperimentare l’altro così come è, verifica che ciò che un tempo lo faceva arrabbiare o annoiare dell’altro ora viene vissuto diversamente, diminuendo l’abitudine di fare paragoni, di giudicare, contenendo quel senso di bisogno di possedere la persona cara, la paura di perderla, e la sofferenza che le consegue.

Penso che una delle cose più belle che il Diksha ci trasmette è l’apertura del cuore; molti psicologi ritengono che il fiorire del cuore abbia basi neurologiche, riferiscono infatti che finché c’è iperattività nel cervello rettiliano e limbico la guarigione di traumi profondi sia molto difficile.
L’autore di questo libro riporta storie di coppie che avevano provato di tutto per salvare il loro matrimonio, ma niente aveva funzionato perché erano sempre tentativi avviati all’interno degli stessi schemi che cercavano di rompere.
Dice Bhagavan: “Vi arrabbiate ancora, ma …. non so come farvi capire… è una rabbia che non ha rabbia. Tutto continua, ma ha perso la sua forza, la sua carica emotiva. Potete anche arrabbiarvi moltissimo con il vostro partner, ma l’altra persona non lo sente, e in realtà non c’è rabbia nella vostra rabbia. Non cercate più di capirvi in termini di psicologia o di filosofia. Le coppie non si sono liberati della rabbia, ma è diventata godibile”.

Ho visto un’accellerazione dei Fiori anche nelle situazioni in cui il paziente stava elaborando un lutto e il dolore per il distacco.
Ho la netta sensazione che il paziente venga come trasportato lungo un fiume da una barca rappresentata dai Fiori, e a questa si aggiunge una corrente dolce e costante che è l’Energia del Diksha che velocizza l’andamento della barca nella sua direzione verso lo sbocco nella calma del mare.
Il Diksha può anche incontrare rapide, sassi, rami che creano blocchi o rallentamenti, e sono i nostri blocchi, ma la straordinaria cooperazione della sua energia con le Essenze Floreali riesce a superare con i giusti tempi ogni ostacolo, e la persona sente di aver fatto un percorso importante.

Per concludere voglio raccontarvi cosa successe qua in Messico con il Diksha, traendo queste notizie dal libro di Arjuna Ardagh.
Una donna di nome Alexis Shaffer, dopo il corso in India, fu invitata da alcuni amici a San Cristobal de las Casas, nello stato del Chiapas. Un giorno passeggiando, si fermò in una piazzetta, davanti ad una chiesa, e là cominciò a dare il Diksha, senza dare spiegazioni se non che si trattava di “una benedizione di Dio”. La folla che si riunì diventò più numerosa, il giorno dopo, arrivò la polizia e le disse che per stare là ci voleva un’autorizzazione del Comune. Mentre attendeva questo permesso, lei aveva dato il Diksha a tutti gli impiegati dell’ufficio. Continuò a dare il Diksha nella piazza a migliaia di persone. Un poliziotto si avvicinò e le disse: “Perché non viene alla stazione di polizia a darci la benedizione? Siamo più di quattrocento”. E poi arrivò pure all’ufficio del sindaco, ed anche là diede il Diksha a oltre mille persone.
In seguito organizzò un incontro con il generale del comando locale, spiegando cosa aveva fatto in città ed il generale fu pronto a ricevere anche lui il Diksha. Ne rimase colpito e autorizzò Alexis a darlo a tutti i suoi uomini.
Quando lei arrivò a Cancun andò dritta dal generale con il grado più alto. Gli raccontò degli eventi in Chiapas e conquistò talmente la sua fiducia che lui stesso volle provare. Si liberò di un dolore che lo tormentava da oltre un anno. Le affidò un gruppo di cento uomini e poi un battaglione di settecento uomini. “Per favore” le disse “dia loro armonia, pace e tranquillità”. Subito dopo il gruppo partecipò ad un addestramento di un mese e per la prima volta nella storia dell’esercito i settecento soldati tornarono senza una ferita e senza che tra di loro fossero sorti conflitti e problemi.
So che sembra tutto alquanto straordinario, ma so anche che l’evento è stato documentato con testimonianze, foto e lettere.
Infine nel libro di Ardagh si legge che Alexis continuò il suo lavoro con la commissione federale dell’elettricità, la convention delle aziende turistiche, i vigili del fuoco, le forze di polizia ed oltre sedicimila tassisti….

Cari colleghi, mi rendo conto che alcuni ricercatori contemporanei sono abituati a maneggiare la terapia attraverso gli aspetti veramente sottili dei singoli Fiori e tuttavia possiamo affermare che si arriva necessariamente ad un limite. Oltre questo limite si può utilmente applicare l’azione del Diksha che da parte sua, in quanto Energia intelligente, andrà a mettere in moto quei meccanismi o non presenti od anche non attualmente scoperti riguardo alle Essenze Floreali.

Sarò felice rispondere alle vostre eventuali domande o curiosità e voglio ringraziarvi per l’attenzione che mi avete dedicato.

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